“Ciatuzzu” – Recensione di Lisa Ferrò

Recensione del romanzo "Ciatuzzu" della scrittrice Catena Fiorello Galeano a cura di Lisa Ferrò.

Recensione del romanzo “Ciatuzzu” della scrittrice Catena Fiorello Galeano a cura di Lisa Ferrò.

Gli appuntamenti immancabili con Catena…

Sì, immancabili e irrinunciabili perché è come se una tua amica che vive lontano, un giorno per un qualche motivo, viene nel tuo paese, è ovvio che fai di tutto per approfittarne, per andare a salutarla, per scambiare qualche chiacchera e fare due risate, per raccontarle un sacco di cose e fartene raccontare altrettante da lei… se ci aggiungi che questa amica è di una simpatia disarmante, il gioco è fatto, non puoi mancare!!!

E i suoi libri? I suoi racconti sono una calamita che ti unisce a lei nel profondo, che ti fa immedesimare nelle sue storie, intrise di Sicilia, di Sud, di disperazione ma anche allo stesso tempo di voglia di riscatto; è come se ogni pagina fosse sì un racconto, ma fosse anche un ritratto di un paesaggio, piena di sole, di mare, piena di “A Muntagna” (l’Etna), come se quei profumi tu quasi li riuscissi a sentire, come se la salsedine e la sabbia sotto i piedi riuscissi a percepirla anche se vivi al Nord circondata solo da nebbia; è come fare un viaggio in Sicilia, accompagnata da lei che è una siciliana doc.

Nelle sue storie, ambientate negli anni 50/60 (anche se hai una storia molto diversa, vuoi per i tempi che sono cambiati, vuoi per altro) ma ti ritrovi, ti ritrovi nei suoi modi di dire, nelle abitudini tipiche del Sud, in quell’affetto, quasi soffocante, che si ha nei paesini, in cui vedi solo volti conosciuti e in cui tutti si aiutano, ritrovi i tuoi nonni in quelle sedie messe davanti casa per chiacchierare con i vicini, in quei portoni con le chiavi appese, ritrovi la tristezza di quei treni che partivano portando lontano amici, parenti e l’affetto di un paese intero alla stazione, ritrovi la certezza, quasi illogica o irrazionale, di voler vivere qui, anche se non ci sono servizi, anche se spesso non c’è lavoro, anche se tutti ti dicono che altrove si vive meglio…

Se dovessi dire cosa ti lasciano i romanzi di Catena, direi che sicuramente ti lasciano emozioni, ti ritrovi amica e sostenitrice delle sue signore di Monte Pepe, di Marites con i suoi cannoli, ti immagini a godere della natura di un’isola come Arcudi dove Isabella ha scoperto l’amuri, con Orlando e Marilena tra una pizzica e una Lecce romantica più che mai ti rendi conto che l’amore può arrivare ad ogni età e farti sentire come un adolescente alla prima cotta; con Lucia a Picciridda, sul cui film Oliver Stone disse: “da una bellissima storia, un film stupefacente che va dritto al cuore” ti rendi conto che l’amore di una nonna non ha limiti e può andare oltre l’immaginabile.

Il titolo del nuovo romanzo, Ciatuzzo, è il modo intimo e affettuoso con cui la mamma chiamava il suo bambino, significa piccolo fiato, respiro, perché in fondo per una mamma suo figlio è il suo respiro, il suo ossigeno, è fonte di vita, un po’ come potremmo dire noi figghju meu, ricchizza mia, cori meu, beni meu; è una mamma che lo lascia troppo presto e che lo lascia con una mare di dubbi, su che fine abbia fatto, su dove sia adesso, sulla possibilità di rivederla un giorno.

Nuzzo si chiede se la notte la sua mamma è sola e se ha una coperta che la possa scaldare ora che la signora con la falce bianca l’ha portata lontana da lui, dubbi a cui nessuno, per non deluderlo, forse, vuole dare risposte. Le prove a cui la vita sottopone Nuzzo non finiscono qui, è costretto a raggiungere il papà in Belgio, che per guadagnarsi da vivere onestamente, come tanti italiani in quegli anni, era dovuto emigrare e lavorava lì in miniera; quel tipo di vita ha indurito il cuore del suo papà quasi a farlo diventare duro e freddo come la roccia che aveva imparato a scavare.

Catena affronta in questo romanzo un tema spesso dimenticato e sconosciuto alle nuove generazioni, nate negli agi della vita moderna, il tema dell’immigrazione, le storie e i sacrifici dei nostri conterranei che nelle miniere erano trattati come schiavi, che non avevano diritti e per i quali non esisteva sicurezza sul lavoro; a metà degli anni ’50 nella tragedia di Marcinelle perdono la vita circa 300 persone, molti di loro erano italiani; è il modo che Catena sceglie per darci uno spunto di riflessione, un motivo per continuare a ricordare e onorare la memoria di quei papà che con i loro sacrifici, spesso con la perdita della stessa vita, hanno permesso ai loro figli e alle generazioni future di italiani di costruire un Paese come oggi è l’Italia.

La vita mette Nuzzo davanti ad un destino quasi segnato, lo invita ad arrendersi, a non sognare perché quelli come lui non possono avere una vita come “i nati con la camicia“, in un primo momento lui quasi asseconda il destino ma con il tempo capisce che la forza dell’amore, che non muore mai, delle due radici saranno lo sprono per andare contro a questo destino già scritto, Nuzzo sceglie di rivoltarsi ed è da lì che parte il suo riscatto.

Catena Fiorello Galeano, siciliana, è scrittrice, conduttrice televisiva e attrice. Ha pubblicato con Rizzoli Casca il mondo, casca la terra (2011), Dacci oggi il nostro pane quotidiano (2013) e Un padre è un padre (2014). Per Giunti sono usciti L’amore a due passi (2016), Tutte le volte che ho pianto (2019), Amuri (2021), Cinque donne e un arancino (2020) primo capitolo della saga “Le signore di Monte Pepe”, a cui ha fatto seguito I cannoli di Marites (2022). Dal suo romanzo di successo Picciridda (Giunti 2017, Premio Elsa Morante Ragazzi 2018) è stato tratto l’omonimo film per la regia di Paolo Licata.

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Lisa Ferrò

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Carletto Romeo