Il Divieto del Lamento

Uno Spunto Letterario del prof. Gaetano Riggio sulla poesia di John Donne “Congedo: A Vietarle il Lamento”

Lo Spunto Letterario
di Gaetano Riggio

Congedo: A Vietarle il Lamento”, Una Poesia di John Donne, Poeta Inglese (1572-1631). Il Legame Forte Dell’Amore.

Le relazioni umane, nelle società liquide, assomigliano agli stati eccitati della materia di cui parla la fisica, nei quali a temperature sempre più alte corrispondono stati di agitazione sempre più energetici, che sciolgono i legami anche più forti (anche quelli all’interno del nucleo atomico), fino a rendere impossibile qualsiasi configurazione stabile, qualsiasi relazione ordinata tra le componenti fondamentali della materia: i legami molecolari, e poi atomici e infine subatomici, che conferiscono struttura e ordine, non resistono alle violenti sollecitazioni, e gli enti si disgregano, o assumono altre forme, a loro volta provvisorie, e così via.

Che le relazioni umane stabili siano impossibili, che una perenne agitazione li renda precarie e provvisorie, è ormai un luogo comune della satira, della commedia, del costume, corroborato dalle statistiche: ormai, le forze disgregatrici hanno preso il sopravvento, a partire dalla struttura economica della società, che condiziona pesantemente tutto il resto.

La stessa rappresentazione tradizionale dell’amore risulta degradata a mera ideologia improponibile: nessun legame, neanche quello amoroso, sia pure consacrato dal matrimonio, può resistere alle forze disgregatrici che sono perennemente all’opera.

Nelle società tradizionali, le suddette forze erano dormienti, o ipocritamente celate sotto un velo mistificatorio: è questo il punto di vista, che ora prevale.

E’ allora velo mistificatorio quanto afferma J. Donne, nella celebre canzone “Congedo, a vietarle il lamento”, riguardo all’amore tra sé e Anne More, messo alla prova da un viaggio del poeta, che li allontana l’uno dall’altro?

“Our two soules therefore, which are one, // Though I must goe, endure not yet // A breach, but an expansion, // Like gold to ayery thinnesse beate.” (Vv. 19-24)

“Le nostre anime, dunque, che sono una, // sebbene io debba andare, non patiscono // frattura ma espansione, come oro // battuto fino alla più aerea lama.”

Battendo l’oro di cui è fatto il legame delle anime amorose, non puoi spezzarlo, ma solo dilatarlo, fino a renderlo sottilissimo, quasi incorporeo come le anime!

Si potrebbe obiettare che Donne non dimostra, ma si avvale di formule retoriche, che emanano un fumo di mistero; eppure, corrispondono a un’esperienza spirituale profonda!

Nelle ultime due strofe della canzone, viene proposta un’altra analogia, quella tra le anime legate dall’amore e il compasso, formato da due aste, di cui l’una fa perno sull’altra.

Qui, il poeta attenua il rigido monismo dei versi precedenti, quando aveva affermato che “le loro due anime sono una”:

“Siano pur due, lo sono come i rigidi // gemelli del compasso sono due: // la tua anima il piede fisso che, all’apparenza // immoto, muove al moto del compagno”. (Vv. 21-24)

L’unità delle loro anime è dunque duale, simile a quella dei gemelli, o alle aste congiunte di un compasso, che facendo perno l’una sull’altra descrivono un cerchio.

Le due aste si allontanano, ma stando sempre in relazione, congiunte in un punto di saldatura, che è la loro comune origine: si espandono nel cerchio, che è soltanto un punto espanso, come l’oro battuto dei vv. 19-24.

Per rispondere all’obiezione degli scettici, aggiungiamo che si tratta di un punto di vista che presuppone un’intuizione metafisica sulla natura dell’uomo e il suo destino:

“But we by a love, so much refin’d, // that our selves know not what it is, // Interassured of the mind, 77 Care less, eyes, lips, and hands to miss.” (Vv. 17-20).

“Ma noi, grazie a un amore raffinato // al punto che noi stessi ne ignoriamo l’essenza, // nella mutua certezza della mente // meno curiamo perdere labbra, pupille, mani.”

Non è dunque l’amore naturale, l’amore raffinato di cui parla Donne, ma corrisponde a un’intuizione metafisica, così come viene descritta da Denis de Rougemont ne’ “Les mythes de l’amour”:

“[…] l’amour tend à la transfiguration de la figure aimée terrestre, en l’adossant à une lumière qui en fasse éclore toutes les virtualités surhumaines, jusqu’à l’investir de la fonction théophanique de l’Ange […].” (de Rougemont, Denis. Les Mythes de l’amour (French Edition) . Albin Michel. Edizione del Kindle.)

“ […] l’amore tende alla trasfigurazione della figura amata terrestre, accostandola a una luce che ne faccia scaturire le virtualità sovrumane, fino a investirla della funzione teofanica dell’angelo […].”

L’amore è teofania.


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Carletto Romeo