Recensione Film A Chiara

Swamy Rotolo vincitrice del suo primo David di Donatello, ieri sera al Cine Vittoria Locri.
Recensione Film “A Chiara”

di Daniela Rullo


“A Chiara” – Swamy e al suo primo David di Donatello (2022).

Swamy Rotolo, ieri sera era al Cinema Vittoria di Locri, a presentare il film di Jonas Carpignano che la vede come protagonista. È la sua prima intervista sul film che riceve in Calabria, dice, ed è molto emozionata.

Swamy, come Chiara, è una ragazza semplice, nata a Gioia Tauro (provincia di Reggio Calabria), che nella vita reale ha 17 anni e conosce il regista sin da quando ne aveva nove. Nel 2017 aveva debuttato con una piccolissima parte nel secondo film della trilogia di Carpignano, A Ciambra, poiché la zia (preferita) l’aveva accompagnata ai provini, nonostante Swamy non pensasse minimamente di fare l’attrice.

Stavolta però l’esperienza è stata molto diversa, altra cosa è, come lei stessa dice, partecipare come protagonista e ricevere premi e candidature inaspettate. Ci racconta infatti che era a scuola mentre annunciavano le candidature ai David di Donatello, seguendo la diretta dal suo telefonino, ovviamente di nascosto, e com’era prevedibilissimo, per l’incontenibile gioia, ha urlato in classe davanti a tutti quando il suo nome è stato l’ultimo ad essere pronunciato.

Durante la premiazione, quando riceve il David di Donatello come Miglior attrice protagonista, Swamy, leggendo quella “S” iniziale sulle labbra di Carlo Conti, aveva capito che non poteva che essere lei ad avere la meglio sulle colleghe più conosciute e già professioniste da tempo, lei che si può dire davvero è ancora alle prime armi (ma già promette benissimo).

Vince su Miriam Leone (per Diabolik), Aurora Giovinazzo (per Freaks Out), Rosa Palasciano (per Giulia) e Maria Nazionale (per Qui Rido Io). Dire che non se lo aspettasse non è falsa modestia, è la sincerità di una ragazza appunto molto giovane e molto semplice.

Ma c’è tenacia e caparbietà in lei, proprio come la protagonista del film, e c’è indiscutibilmente una certa bravura che non passa inosservata. Per cui non poteva che meritarsi questo bellissimo premio, tra l’altro non il primo: nel 2021 vince il premio come Miglior attrice al Cairo International Film Festival e il premio Europa Cinema Label nella sezione Quinzane des Réalisateurs.

Swamy e il regista si conoscono molto bene, da vari anni ormai. Carpignano è un amico di famiglia e Swamy rivela che c’è molto di lei nel film, proprio perché il regista la conosce così bene da sapere anche cosa la fa arrabbiare. Girare con Jonas è stato molto bello, dice la protagonista, “non c’era un vero e proprio copione, sì c’erano le battute ma non bisognava essere così precisi. Lui mi spiegava le scene e poi giravamo. Ci sono proprio io nel film.

La scena più difficile è stata quando ho dovuto fumare davanti a mio padre… proprio perché è davvero mio padre… (infatti, tutta la vera famiglia di Swamy, padre, madre, sorelle, parenti vari, è coinvolta nel film, ciascuno interpretando se stesso, quasi tutti persino mantenendo il vero nome). È stata una bellissima esperienza”, sorride, facendo trapelare anche un grazioso imbarazzo.

Swamy è rimasta talmente entusiasta del film che ha le idee molto chiare a riguardo: vuole fare l’attrice e continuerà a cimentarsi nuovamente (presto, ma è ancora tutto top secret) con questo splendido mezzo espressivo.

Anche la Chiara del film ha le idee molto chiare, nonostante la giovanissima età: pur essendoci un intreccio, nella storia, di un aspetto che non può essere taciuto in Calabria, che è quello della malavita organizzata, “A Chiara” è un film che parla di famiglia, di una ragazza che sta maturando e che diventa padrona delle proprie scelte.

Carpignano, chiude un trittico partito con il film “Mediterranea” (2015) che ha come sfondo Gioia Tauro e tutto ciò che vi ruota intorno, di visibile e di sotterraneo, come in questo film, sempre molto realistico, girato con la telecamera a spalla, un punto di vista in continuo movimento (quasi da far girare la testa), con attori non professionisti, che parlano il dialetto, che interpretano se stessi.

Non sarà un caso se il regista fa dire al cugino di Chiara che Raffaello non dipinge i suoi soggetti, nonostante fossero nobili, abbellendo le loro fattezze, bensì così come essi sono nella realtà. Anche Carpignano ci dà uno scorcio molto vero di alcune realtà della Calabria, con il punto di vista di una quindicenne che cresce dentro al film, facendo un passaggio fondamentale da bambina ad adulta, dai 18 anni di sua sorella ai suoi 18 anni, da ciò che è la sua famiglia, dal modo in cui vivono i suoi familiari, al modo in cui lei decide di vivere.

Alcuni dialoghi possono essere condivisibili o meno ma sicuramente per noi che siamo calabresi significano qualcosa di diverso e più profondo, spesso di troppo radicato come concetto (il malaffare, nella nostra cultura) da riuscire a prendere le distanze necessarie: “Ci credono tutti uguali (spiega il padre a Chiara) ma quello che gli altri chiamano Mafia per noi è sopravvivenza”.

Si può sopravvivere in vari modi, in Calabria. Ce lo fa vedere Chiara che alla fine sceglie ciò che è meglio per se stessa. Si può scegliere di non tornare nella Ciambra (come dice uno degli interpreti, già presente nel precedente film e che opera una sorta di filo conduttore, a chiusura della trilogia).

La vita cambia, continuamente, e anche noi cambiamo. Se siamo liberi potremo muoverci verso qualsiasi meta ci prefiggiamo di raggiungere.

Tenete d’occhio il regista, Jonas Carpignano ma anche e soprattutto la promettente Swamy Rotolo: nonostante sia molto riservata anche lei è figlia del suo tempo e posta molti contenuti sul suo profilo instagram.

Una ragazza che non ha ancora nessun corso di recitazione e di dizione alle spalle, che ha mantenuto l’inflessione dialettale ma che ha molto carisma, nonostante la sua disarmante semplicità, e un radioso futuro come attrice davanti a lei, quello che tutti noi le auguriamo di cuore.

Daniela Rullo


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