Saman Abbas e Adil Belakhdim

Saman Abbas e Adil Belakhdim: analogia essenziale tra le due tragedie e differenze di impatto mediatico.

Saman Abbas e Adil Belakhdim


Esiste un’analogia essenziale tra le due tragedie:

non solo perché le persone coinvolte sono entrambe immigrati extracomunitari, originari di paesi islamici, anche se il Marocco è significativamente più occidentalizzato rispetto al Pakistan;

ma anche e soprattutto perché sia l’una che l’altra sono la conseguenza di strutture rigide, ritenute immodificabili, che varrebbero più del sacrificio della vita umana.

Nel caso di Saman Abbas, la struttura rigida è la famiglia patriarcale; in quello di Adil Belakhdim, l’economia di mercato.

Ovviamente, sono i tradizionalisti pakistani, a ritenere immodificabile il loro modello di famiglia, che dal nostro punto di vista viola invece il diritto della persona, che non può essere sacrificata a logiche che la sovrastano, e che non tengano conto alcuno della libertà di scelta, che nella fattispecie implica se scegliere o no di sposarsi e con chi (fosse pure una persona dello stesso sesso).

Voglio dire che in nome della libertà di scelta noi abbiamo optato per la demolizione della famiglia tradizionale, “e non” per la semplice riforma: l’individuo non può e non deve – così ormai si reputa – sopportare nessun fardello socialmente imposto!

Così si può scegliere di rimanere singles (che ormai sono una componente significativa della società), o di non formalizzare un rapporto di convivenza anche con prole (famiglia di fatto), o configurazioni famigliari bizzarre (dico bizzarre, perché ancora il ddl Zan non è legge!), o di rompere quando e come si vuole un legame già stretto con tanto di vincolo legale, e così via.

Tutto questo avviene in nome della libertà, o anche del capriccio, senza badare ai costi sociali di un’opzione così radicale verso l’individualismo più spinto. Insomma, nessun costo sociale vale quanto la libertà di scelta del singolo. Tutto gli può essere sacrificato.

Si ritiene che una società possa funzionare anche senza la famiglia, che nella sua configurazione tradizionale sarebbe anzi un intralcio al funzionamento del sistema economico, che richiede individui svincolati dalle comunità tradizionali, dal focolare domestico: si esce di casa la mattina, e si torna la sera, si dipende dalle dinamiche del mercato, prima nazionale e ora globale, che esigono la mobilità territoriale e professionale (la cosiddetta formazione permanente, che è un eufemismo che sta per “non avere mai pace”, “non potere mettere mai radici”, fino alla soglia della pensione, sempre più magra), e le cui vicissitudini decidono della vita e della morte, della felicità e della miseria di milioni di individui.

A partire dalla riforma Biagi, ma anche da prima, i diritti a una vita umanamente dignitosa sono stati sempre più subordinati alle esigenze del mercato globale, all’efficienza del sistema che non può mai smettere di girare (24 ore su 24, sette giorni alla settimana), che richiede una manodopera “flessibile”, come se la persona umana fosse una “molla”, da adattare alle esigenze dell’ingranaggio complessivo.

E’ questa la contraddizione: mentre la struttura – famiglia è stata dissolta in nome della libertà (ma una libertà comunque “funzionale” all’economia di mercato e consumista), la dignità dell’individuo viene continuamente calpestata in nome delle esigenze del mercato e del profitto: esigenze ritenute imprescindibili, connaturate alla struttura dell’economia.

E’ a denti stretti che i mezzi di informazione hanno dato la notizia della morte del sindacalista Adil Belakhdim, che operava in uno dei settori in cui lo sfruttamento e la precarietà avvengono nelle modalità più spudorate, nell’indifferenza della sinistra “istituzionale”.

Si può e si devono accendere le casse ad alto volume, se viene discriminato un omosessuale, perché vittima dell’eterosessualità stereotipata ed omofobica, retaggio di una “struttura binaria” che deve essere demolita;

a maggior ragione, se l’oltraggio proviene da una famiglia patriarcale di religione musulmana: un’occasione ghiotta, al contempo, per raccogliere voti tra gli xenofobi e per fare vergognare gli omofobi;

oppure se proviene da un oppositore del matrimonio gay, che può essere paragonato – fatti i dovuti distinguo – a un pakistano fondamentalista nostrano!

Insomma non esistono più strutture (non famigliari, non sessuali, in nome della libera scelta), tranne quella del mercato, che può impunemente fare della persona umana carne da macello in nome del profitto.


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Carletto Romeo