A che ci serve Draghi

Partendo dal punto di vista della rivista Limes, ecco le considerazioni e riflessioni da parte del prof. Gaetano Riggio.

A che ci serve Draghi


E’ il titolo del numero di marzo 2021 di “Limes”, rivista italiana di geopolitica.
Draghi è Presidente del Consiglio da qualche settimana, ma questo ennesimo avvicendamento al governo della Repubblica italiana, non rientra nella routine. Ecco perché all’evento e alle sue implicazioni la rivista ha dedicato un intero numero.

Già una semplice occhiata ai titoli, non tranquillizza affatto: intendo dire che richiama alla gravità del momento senza mezzi termini:
“Il piano è rifare lo Stato”, “Lo stato arcipelago non funziona”, “Ultima o penultima spiaggia?”, “In Germania ci fidiamo di Draghi ma temiamo che possa fallire”, “Di Draghi Berlino non si fida”, “Il benessere del Nord dipende dalla crescita del Sud”, e altri ancora.

L’editoriale reca lo stesso titolo del volume “A che ci serve Draghi”, e offre la chiave degli articoli i cui titoli abbiamo in parte citato.

“A CHE CI SERVE DRAGHI”

Draghi ci serve, perché un capo ordinario sarebbe incapace di governare l’Italia nel difficile guado in cui si trova in questo momento storico.
Infatti, i capi ordinari “sono gestori della normalità.” “Adorano la routine in cui presumono di contare. Godono dell’illusione di comandare. Di fronte agli sconvolgimenti rifiutano l’ostacolo. Si nascondono o abdicano.” (AA.VV., Limes. A che ci serve Draghi (p.3). Limes. Edizione del Kindle.)

L’Italia ha invece bisogno di un “capo sistemico”. I capi sistemici “sono personalità d’eccezione. Per proprio speciale valore e perché disposti a governare lo stato d’eccezione. Fiutano in anticipo le crisi.”
“Usano dell’emergenza per sollecitare le strutture a superiore sforzo, legando l’urgenza alla prospettiva. Le motivano ad agire fuori degli schemi.”

“Fissano obiettivi che sanno di non poter pienamente raggiungere perché compressi entro equazioni ipercomplesse. Sanno che quando un sistema s’avvita in crisi si spalancano finestre di opportunità normalmente serrate o socchiuse. Imperdibili occasioni di agire mentre si è agiti. Sono perciò convinti, spesso a ragione, di lasciare traccia nella storia. Loro vera, gloriosa ambizione.” (AA.VV., Limes. A che ci serve Draghi (p.4). Limes. Edizione del Kindle.)

Il caso limite è rappresentato dai capi carismatici, o “folli di Dio”, che appaiono dotati di speciali carismi, o doni divini, eletti per una speciale grazia a svolgere una funzione salvifica.
In sintesi, “Draghi è capo sistemico dotato dei mezzi d’un capo ordinario assediato dalle stolte aspettative di chi lo vorrebbe ‘Messia’. Responsabilità massima, poteri minimi, attese sinceramente o dolosamente sovrumane.” (AA.VV., Limes. A che ci serve Draghi (p.5). Limes. Edizione del Kindle.)

Draghi sarebbe dunque una “personalità d’eccezione”, dotato della stoffa necessaria per governare lo stato d’eccezione, cioè la situazione economica, sociale e politica straordinaria del nostro paese, che richiederebbe mezzi e modi di intervento ai limiti della legalità costituzionale.

Quello che Agamben e Cacciari paventano, vale a dire l’uso dello “stato d’eccezione come paradigma normale di governo”, nell’editoriale di Limes si rovescia in rammarico per la sproporzione tra i mezzi che sono minimi, e la responsabilità che è invece massima, perché è quella di “salvare il suo Stato nazionale.”

Aggiunge l’editoriale:
“Alla riuscita di questo esperimento – scalata di sesto grado superiore – siamo interessati perché sarebbe la nostra. Per intendere la magnitudine del compito, d’obbligo uno sguardo al contesto.” (AA.VV., Limes. A che ci serve Draghi (p.6). Limes. Edizione del Kindle.)

Immane compito quello di Draghi, nel quale rientra ovviamente la gestione della pandemia, ma solo in quanto obiettivo preliminare, da raggiungere – aggiungo – con quel piglio autoritario (questo e non altro significa “governare lo stato d’eccezione”), che sarà necessario per affrontare le altre complesse emergenze dalle quali dipende la salvezza dello Stato nazionale. Emergenze la cui risoluzione comporta il trionfo sulle resistenze paralizzanti che hanno finora bloccato il paese conducendolo sull’orlo del baratro.

Sono considerazioni che gettano una luce chiarificatrice su quello che sta accadendo ora: le rivendicazioni liberali di chi si oppone alla “tessera sanitaria di stato” declassate a mero ribellismo qualunquista, e sabotatore; l’inflessibilità del Presidente del Consiglio, indisponibile a qualsiasi indietreggiamento, che non esita a usare la repressione poliziesca con chi intralcia la politica del governo, oggi chiamata ad affrontare la pandemia, domani le altre gravi problematiche che sono in agenda, che necessitano tutte di un decisionismo al quale la concertazione, il dialogo, il cedimento alle rivendicazioni di parte, operaie, sottoproletarie, corporative, regionalistiche, eccetera, potrebbero essere fatali.

Ma Draghi ci serve, per ben altro ancora:

“Il «Draghi sistema» è il vincolo esterno cogestito dall’interno. Per la prima volta il capo del governo di Roma si trova a giocare nelle due metà del campo. Anzitutto nella nostra, da italiano.” (AA.VV., Limes. A che ci serve Draghi (p.24). Limes. Edizione del Kindle.)

“Questo esecutivo si vuole garanzia ai mercati e alle potenze per noi decisive: Stati Uniti, Germania e Francia. (AA.VV., Limes. A che ci serve Draghi (p.26). Limes. Edizione del Kindle.)

E’ lo stesso che dire che l’Italia è commissariata, e che il governo precedente è stato “sciolto” per mala gestione e criminale. Draghi gestisce dall’interno della Repubblica un vincolo che è esterno, un’agenda redatta altrove, di cui dovrebbe essere l’esecutore: altro che sovranità e sovranismo!
Eppure, non dovremmo sentirci lesi o offesi, perché il vincolo esterno è in realtà un’opportunità:

“In chiaro: le sue relazioni specialissime con il Gotha della finanza e della politica mondiale sono per l’Italia risorsa, non problema. Ascoltato in campo esterno anche da chi non ne condivide l’approccio, l’ex presidente della Banca centrale europea può parzialmente compensare l’universale fama d’inaffidabilità di cui soffre la non-struttura che si trova a presiedere.

Draghi è l’ultimo chirurgo prima della trojka, ammesso e non concesso faccia senso imporre simile bardatura all’Italia, cavallo troppo bizzoso per farsi domare alla greca. Oltre a somministrare una terapia finanziaria ed economica d’inedite dimensioni, questo governo è chiamato in parallelo a superare l’emergenza epidemica, esasperata dall’allarmismo di troppe agenzie e di quasi tutti i media.” – (AA.VV. ; , Limes. A che ci serve Draghi (pp.24-25). Limes. Edizione del Kindle.)

Draghi, che ha la biografia del capo sistemico e che molti già accreditano come capo carismatico: tra quelli del suo entourage, tra i più accesi seguaci delle coorti parlamentari che lo sostengono, che già hanno acquistato posizioni di rendita (vedi il successo elettorale del PD: per modo di dire, perché non hanno votato metà degli elettori), tra i giornalisti RAI divenuti servili annunciatori del nuovo corso, tra i cittadini che credono che ci salverà dallo sfascio così come con il vaccino e il green pass dal Covid, Draghi – dicevamo – non avrebbe alternative politiche migliori o meno dolorose: non ci resterebbe dunque che sottostare alla sua ricetta, che media istanze e imperativi imposti dall’esterno, con la speranza che siano il meno dolorose possibile, e continuino a trovare buona accoglienza ai piani alti dove il Banchiere è di casa.

Altro che manifestazioni di libero dissenso: sarebbe un lusso che non ci possiamo più permettere! Il clima palesemente antidemocratico, che si respira in Italia, è la conseguenza di questa svolta emergenziale, che la pandemia esasperata forse ad arte dai mass – media non ha fatto altro che fare precipitare.

Draghi sarebbe dunque il capo d’eccezione (sistemico) che dovrebbe governare lo stato d’eccezione con l’aura del carisma, chiamato a implementare un programma che ha una portata tale che non può fallire, e che non tollera di essere messo a rischio o boicottato dal settarismo estremista e ignorante dei no vax, e da analoghe tare antropologiche dell’italiano medio.

Da qui pure l’enfasi sul senso civico, che l’adesione alla vaccinazione esprimerebbe, e la campagna diffamatoria e criminalizzante contro coloro che si mostrano riottosi, legati a un concetto di libertà reputato ormai anarcoide, nemico del bene comune da realizzare!


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2 commenti

  1. Una lettura molto interessante.

    • Sì. Aggiungerei che Limes abbraccia la tesi della necessità storica dell’uomo forte, in questo drammatico momento della storia italiana, ma l’uomo forte può essere una risorsa ma anche un pericolo, come la Storia insegna.
      È paradossale come si fiuti il pericolo del fascismo, laddove non c’è, in una su cultura violenta che semmai può essere utile manovalanza del potere, mentre la parentela stretta trafascimo è culto dell’uomo forte, sponsorizzato dagli apparati che contano, pare sfuggire completamente. La saluto!

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Carletto Romeo