Compagno di banco

il mio compagno di banco in prima media, protagonista insieme a me di un cambio di classe che ancora non abbiamo capito

Primo giorno di scuola media ed ero carico di attese ed anche un po’ in ansia per i cambiamenti che di li a poco avrei verificato: istituto, professori, compagni ed orari.
L’esperienza vissuta per 5 anni alle elementari era stata memorabile: ero voglioso di andare a scuola tutti i giorni ed ero avido di conoscenze e di sapere… tutto merito di un uomo solo, un unico insegnante per tutti i 5 anni, una costante, un punto fisso, riuscito, almeno con me, a forgiarmi al culto del sapere… alla voglia di conoscere e di sperimentare tutto con le mie manine… un maestro di vita, il mio maestro, Benito Femia!

Alle medie arrivavo così preparato e impaziente di cominciare… pochi giorni bastarono a capire che le cose non sarebbero andate come prima!
Per cominciare avvertivo la differenza ovvia sui professori che si alternarono per i primi giorni di scuola… tanti, ognuno per materie diverse, ognuno con un metodo personale, ognuno con un approccio assolutamente più distante, almeno in quel periodo iniziale, rispetto al rapporto a cui il mio maestro mi aveva abituato. Ma la differenza più pesante da digerire era dovuta alla gestione globale dell’istituto: nessun “j’accuse”, ovvio, ma notavo un certo modo di fare “free” che poco mi entusiasmava.

Una bella sorpresa era aver ritrovato un compagno delle elementari e proprio in considerazione di questo eravamo stati assegnati alla 1F, la mia prima classe alla scuola media Corrado Alvaro di Siderno… a 88 metri di distanza da casa mia.

I primi giorni furono di assestamento: scelta del posto a sedere, scelta ovvia del compagno di banco, primi approcci con gli altri compagni appena conosciuti e, non ultima, una sensazione di “instabilità” nella classe, figlia suppongo della precarietà degli insegnanti stessi, ma soprattutto del fattore a cui alludevo in precedenza, ossia una gestione globale un po’ ballerina e senza i “punti fermi” che tanto mi piacevano.

Ogni giorno ne vedevi una nuova e ovviamente tutto lasciava presagire un futuro “incerto”. Unico punto fermo era il mio amico, il mio compagno di banco, la persona che conoscevo in quella classe più di chiunque altro: lo avevo avuto compagno alle elementari per 5 anni, ci giocavo anche a pallone nei pomeriggi al “San Toto Cocciobeo”, il nostro campetto in terra battuta posizionato giusto pochi metri fuori dalle scuole medie: memorabile rimase una sfida ad oltranza tra di noi “ai rigori”: lui era il portiere ed io… il rigorista…

Non ci voleva tanto a capire che fosse di poche parole e che fosse animato da un gran cuore… anche io al tempo non ero un “parlatore” anzi… insomma vi erano molte cosette che ci accomunavano e qualcuno se ne accorse.

A nemmeno una settimana dall’inizio dell’anno scolastico ricevemmo in classe la visita del vice-preside: era un omone che sinceramente metteva un po’ in apprensione quando te lo ritrovavi di fronte, aveva fama di essere un duro e, né io né gli altri, volevamo metterlo alla prova. Motivo della sua prima visita era la “gestione” delle classi: a suo dire andavano rimodellate in fatto di allievi e corsi di lingua straniera.

Al suo secondo intervento in classe, iniziò un appello dei presenti con annesso terzo-grado e specifiche domande relative ai nostri genitori… la mia prima sensazione fu strana… a che serviva quella cosa? Col mio compagno di classe ci fu subito un cenno di intesa: capimmo che qualcosa stava bollendo in pentola e, “senza parole”, assistemmo a tutto l’interrogatorio della classe, rispondemmo alle domande a noi rivolte non senza un accenno di insofferenza, subito sedata dai modi sbrigativi del nostro interlocutore-inquisitore.

La pentola bollì per altri due giorni ed al terzo…
Appena entrati in classe subito dopo la campanella di inizio lezioni, senza che nemmeno l’insegnante della prima ora avesse il tempo di fare l’appello canonico mattutino… ecco arrivare il vice-preside scortato da 2 bidelli che conoscevo e a cui, a distanza di tanti anni, chiedo scusa se oggi li definisco così e non magari col termine tecnico-sindacale preciso odierno: allora tutti, anche loro medesimi, dicevano “bidelli”.

La scena era già di suo un po’ da film, non voglio aggettivare oltre modo, ma quello che ne seguì rimase davvero nella storia: il vice-preside, con tanto di “editto” in mano, comunicava ufficialmente che da quel giorno 2 dei componenti della classe 1F erano stati “spostati” (termine che in seguito verificai quanto “stretto” fosse e poco “lato”) nella classe 1E, per le già citate necessità di riordino di cui abbiamo parlato…

Indovinate chi erano i 2 “prescelti”?
Io ed il mio compagno di banco…

Al brusio di tutta la classe, all’ovazione di molti allievi della stessa che esultavano per averla scampata, all’incredulità della nostra stessa insegnante che, giovane ed inesperta allora, forse non aveva mai assistito a una cosa del genere, io non ebbi in primis nessuna reazione: ero ovviamente contrariato, non mi piaceva quello che era stato fatto e soprattutto non ne capivo la necessità ed i modi utilizzati.

La prima cosa che feci fu di cercare ancora lo sguardo e magari il conforto del mio compagno di banco, “mal comune mezzo gaudio”… Non lo trovai…
Lui era seduto accanto a me e ci rimase senza guardare nessuno e senza badare a quello che accadeva in classe… almeno così sembrava…

Il vice-preside rimanendo in “cattedra” fu costretto così a ripetere l’editto…
e quella volta io “mogio mogio” mi alzai e cominciai a raccogliere le mie cose
(hai presente la scena di chi viene licenziato e raccoglie i propri effetti personali in una scatola di cartone?), ecco io avevo solo uno zaino e poca roba da prendere, ma ci misi il triplo del tempo… non so perché, so solo che mi andava così…

Il mio compagno di banco… lui invece non si mosse di un centimetro…
anzi al secondo editto abbassò la testa nell’incavo delle braccia conserte appoggiate al banco (una posa classica di protesta-pacifica).
A nulla valse il terzo editto e conseguente richiamo nominativo-personale nei suoi confronti…

Ecco allora l’ordine di esecuzione “materiale” impartito dal vice-preside ai suoi “bravi” (perdonatemi amici bidelli ma la scena era proprio tale)…
Niente… nulla… nispa… nessuna reazione… nessun movimento…

Poi improvvisamente… un attimo… una scena che non dimenticherò per tutta la vita…
L’ESPLOSIONE… dal suo, nostro, banco di scuola, il mio compagno divenne una furia, un toro scatenato… i bidelli non riuscirono a fermarlo senza l’intervento del vice-preside stesso… si capiva benissimo che era la reazione nervosa a quello che entrambi consideravamo un sopruso…
la pentola a pressione che bolliva era arrivata al culmine ed era… SCOPPIATA!

Eravano stati scelti noi 2… perché? perché proprio noi 2?
Perché avevamo trascorsi comuni alle elementari? Anche altri allievi in classe li avevano!

Perché eravamo amici e compagni di banco? Anche altri lo erano!

ED ALLORA PERCHE’???

Forse la spiegazione stava proprio nel “terzo grado” subito nei giorni precedenti…

Stava nelle risposte che ognuno di noi aveva dato…

Stava nella paternità di ognuno di noi?
Stava nella presenza o meno di “santi in paradiso” nelle nostre famiglie? (chiedo perdono e recito un “atto di dolore” per la blasfemia del modo di dire).

NON LO SO e… non lo voglio sapere…

So soltanto che nella “prima ora” più burrascosa della mia, nostra vita scolastica…
in calma apparente e con le mie gambe, io…
“agitato” e “preso letteralmente di peso” da don Rodrigo e i suoi bravi, lui…
arrivammo così “volenti o soprattutto nolenti” alla 1E…

Da quel giorno la 1E divenne la nostra classe e lo rimase fino alla conclusione di tutto il percorso delle medie…

Il mio compagno di banco rimase lui…

Il suo nome era GAETANO…

ADDIO compagno di banco…


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Carletto Romeo
Presentatore radiofonico e televisivo, attore tv, cinema, teatro. Blogger e webmaster "autodidatta". Scrittore... da sempre! Ma non l'ha mai detto "pubblicamente" a nessuno! E... Mi raccomando! Anche tu che stai leggendo, non lo fare!

2 commenti

  1. Complimenti per il gran lavoro che stai portando avanti.

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Carletto Romeo