Autunno

Per La Rubricola di PiccolaFlò una "riflessione sulla mezza stagione", da quella temporale a quella della maturità dell'individuo.

La Rubricola di PiccolaFlò

Autunno


Andai nei boschi

Il bosco ha cambiato colore. Non ci sono più tonalità di verde ma ora quelle arancio, rossicce, marroni. Le foglie ingialliscono e volano via appena si alza il vento. Stagione affascinante, quando c’è.

Considerata una “mezza” (di stagione), come la primavera, non da meno però delle altre, per varietà di frutti e bellezza. L’autunno somiglia alla piena maturità dell’individuo.

Mi fa pensare ai cinquant’anni, quelli di oggi, che quando ci sei arrivato (o ci devi ancora arrivare) non ti sembra di essere poi così grande, a metà (idealmente) di quel “cammin di nostra vita”, se non si è già compiuto il famoso “giro di boa” (e chi può saperlo).

A differenza di quando ne avevi venti, non ti sembra di essere così “anziano”, ora che hai raggiunto questo traguardo. Certo, ci penso (anzi, provo ancora un certo fastidio) quando i giovani mi chiamano “signora”. A me la convenzione di dover abbandonare quel “signorina”, tanto grazioso da udire, a soli 18 anni, mi agita dal nervoso. Forse non voglio crescere, chi lo vorrebbe!

Eppure, in questo autunno della vita, verso cui inevitabilmente avanzo, ci trovo qualcosa di davvero interessante. Non mi anima più la smania dei trent’anni, che paragonerei all’estate (per rimanere in tema di stagioni), né vorrei tornare alle primaverili turbolenze dell’anima dei miei vent’anni.

E di certo, prima di giungere all’invernale avvizzimento di tutta la mia carne, con la pelle che diventa ruvida come la corteccia degli alberi, ancora ce ne vuole. Eppure, dicevo, eppure… lo trovo affascinante questo rallentare e indugiare nel bosco, come se volessimo (noi a cavallo tra i quaranta e i cinquant’anni) godere il più possibile, con tutti i sensi attivati, dei suoi frutti e degli odori.

Quel fumo dei comignoli di case col tetto spiovente, che ti fa arricciare il naso, un po’ prima dell’arrivo del grande freddo, che prima m’infondeva malinconia e adesso, invece, mi dà calma e serenità.

Una professoressa di storia dell’arte, incontrata tanto tempo fa, ci disse che non lo avremmo creduto possibile essere più “felici” a 40 anni che a 20, quando senti addosso tutto il peso di dover dimostrare chi sei, cosa fai, dove vuoi andare.

A un certo punto, col passare degli anni, anche se pensi di non aver ancora capito qual è la “direzione”, in realtà ti ci ritrovi direttamente in mezzo, a quella che è la tua strada.

E senza starci a pensare su poi tanto, sei lì a camminare, in mezzo a quel bosco di quand’eri adolescente, a sorridere della te di allora, con tenerezza, amando un po’ di più quella specie di “sacco” da cui uscivano solo le gambe e la punta delle dita, di quel “frutto acerbo” che aveva tante cose nella testa e mille farfalle fra i capelli.

Tu che oggi sei solo diversa nell’aspetto ma non nel guizzo fantasioso dei tuoi occhioni grandi e curiosi. E così mi appresto ad indossare gli abiti dell’autunno, con maggiore leggerezza di quello che pensavo.

Con un po’ più di consapevolezza di non potersi trattenere, oltre il tempo necessario, sull’albero, restando abbarbicati ad esso come foglie d’edera. So di dovermi, prima o poi, necessariamente abbandonare al vento che mi cullerà, in balìa di nuove avventure da raccontare…

Perché il midollo della vita è ancora lì, da suggere, fino all’ultima stilla, “per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuta”. – H. D. Thoreau

PiccolaFlò


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Carletto Romeo